Farsi infinocchiare
A vivere tra la Toscana e L'Alto Lazio s'impara il significato della locuzione "Farsi infinocchiare". Il primo ad avermelo spiegato è stato un ristoratore della zona: "infinocchiare" è infatti un termine che nasce nelle antiche osterie romane. Una furbata che veniva adottata dagli osti per finire il vino che aveva cominciato a scadere un po' verso l'aceto.
Prima di servire il vino si offriva al cliente del finocchio crudo che grazie alla sua forte aromaticità anestetizzava le mucose della lingua. In pratica il vino poteva sembrare passabile e non si poteva dire che era difettato. Molte volte questo trucco lo si adottava non solo per eliminare lo spunto acetico ma anche per evitare noie sulla qualità del prodotto. Soprattutto in tempi nei quali dai Castelli Romani e dalla Tuscia arrivavano vini di dubbia potabilità.
Anche la famosissima Finocchiona Toscana ha origini analoghe: i norcini di un tempo infatti capirono che utilizzare il finocchio selvatico per la realizzazione del salume aiutava a mascherare il sapore non troppo buono della carne; inoltre i semi di finocchio, essendo ricchi di anetolo, riuscivano a confondere il palato e quindi permettevano di accompagnare alla Finocchiona anche un vino cattivo senza rendersene conto.
Il verbo della lingua italiana "infinocchiare" è utilizzato come sinonimo di "ingannare" e l'espressione che ne deriva "non farsi infinocchiare" è entrata nell'uso comune per mettere in guardia da possibili raggiri o imbrogli. È addirittura Alessandro Manzoni a sancirne l'ingresso nel vocabolario, inserendo il termine nei suoi Promessi Sposi: "Perpetua, ripensando a tutte le circostanze del fatto, e raccapezzandosi finalmente ch'era stata infinocchiata da Agnese, sentiva tanta rabbia di quella perfidia, che aveva proprio bisogno d'un po' di sfogo."
E allora anche voi "Attenti a non farvi infinocchiare!"