Il vino di Nino
Nino Barraco è il profeta della rinascita vitivinicola marsalese. Lui è contadino e imprenditore, letterato e sperimentatore, artigiano e viaggiatore, ma soprattutto persona degna e buon amico.
Oggi non si usa più dire "persona degna" ma una volta era il più grande dei complimenti. Uomo giusto, senza fronzoli, con una conversazione intelligente e mai banale, il suo vino è come lui, irripetibile.
Si dice che i siciliani si dividano in 2 categorie: quelli di scoglio e quelli di mare aperto… mi ritrovo a citare Vittorio Nisticò.
"La sicilitudine è il lamento che il siciliano fa di sé. I siciliani si dividono in due grandi categorie. I siciliani di scoglio e i siciliani di mare aperto. Il siciliano di scoglio è quello che riesce ad allontanarsi fino al più vicino scoglio. Il siciliano di mare aperto invece prende il largo e se ne va. Leonardo Sciascia era un siciliano di scoglio, non c'è dubbio. Però il suo scoglio era così alto che lui da lassù poteva guardare il mondo."
Nino Barraco è entrambi.
Ed è anche il Re degli ossidativi. Il suo Altogrado, vino bianco di uve autoctone di Marsala affinato in botti di castagno scolme, è quello pre-fortificazioni, quello senza influenze inglesi. Quello vero.
Intensissimo e profondissimo, questo vino sa di quella Sicilia antica, sincera e irriducibile. Quella Sicilia di cui tutti noi continentali siamo romanticamente innamorati, ma che ci schiaffeggia senza pietà ogni volta che crediamo di appartenerle.
Non è il mare che ci separa da lei, ma la Sicilitudine.
È la sua capacità di essere un prisma, una contraddizione, una rara bellezza mescolata al controverso prodotto di mille dominazioni.
È il senso dell'isola. La solitudine dell'isola. E la sua unicità.
Evviva Nino, evviva il Marsala!