La nocciola tostata nel vino
Nelle campagne intorno al Lago di Bolsena è pieno di noccioleti. Già dal 2019 le associazioni ambientaliste si muovono per opporsi alla trasformazione del territorio in una zona agro-industriale al servizio della Ferrero SPA… ma non è semplice. Il colosso piemontese paga bene e qui sta "Il nocciolo del problema": la salute e il benessere economico, la tutela dell'ambiente, lo sviluppo sostenibile delle immense risorse ambientali e culturali della Tuscia sono temi caldi in zona - ma di certo non sta a me dibatterli in questa sede.
Ciò che posso dire è che la nocciola della Tuscia -la Nocciola tonda Romana- è buonissima e risale a tempi molto antichi. Giuseppe Nizi, in "Il Nocciuolo nella zona del Cimino", del 1949, narra che il legno di nocciolo era bruciato dai Romani durante i sacrifici al Dio Giano, sul colle di Carbognano, e utilizzato per torce augurali durante le nozze dei nobili e dei re.
Gli stessi aromi di nocciola tostata, morbida, dal sapore burroso li ritroviamo spesso nei grandi vini bianchi nati dal vitigno Chardonnay.
In Borgogna la nocciola tostata contribuisce al fascino dei Meursault e in Champagne arricchisce i bouquet di grandi bottiglie d'annata come il Cristal di Louis Roederer.
Pochi giorni fa ci è capitato di aprirne una bottiglia del 2015 per un cliente ed è stato un tripudio di gigli bianchi, morbido agrume candito e cremosa nocciola tostata.
In Italia troviamo l'aroma di nocciola soprattutto nella Nosiola (nomen Omen), vitigno autoctono Trentino. Tradizione propiziatoria pasquale delle cantine dei paesi attigui al Castel di Toblino è bagnarsi gli occhi con un goccio di Nosiola dell'ultima vendemmia (pronta proprio nei giorni della Settimana Santa - momento che coincide pure con l'avvio della pigiatura delle uve Nosiola destinate alla produzione di Vino Santo).
Un rito magico, un modo gioioso di usare il vino per "vedere la Luce".