Moeche e Polenta sul Delta del Po
Uno dei miei sogni è trasferirmi in una suggestiva palafitta moderna sulle acque di un fiume in una natura ancora selvaggia e incontaminata. Oppure in una casa galleggiante tipo bateau mouche. Magari dove c'è abbondanza di pesce. E magari in un territorio non troppo lontano da casa mia.
Mi sono spesso chiesto se il Delta del Po fosse il posto giusto per me. Poi ho pensato alle zanzare. E alle nebbie. E quindi, addio.
In effetti potrei viverci solo d'inverno, quando tra paludi, barene e isole, il territorio del Delta esprime il massimo del suo fascino. Ma anche della sua umidità.
Ci sono stato l'anno scorso intorno a Pasqua e ho fatto un bel giro in barca tra i canali. Qui il paese di Porto Tolle, racchiuso tra i rami di Po di Maistra e del Po di Gnocca, è tagliato a metà dal Po di Venezia: questi rami determinano di fatto tre isole, la Cà Venier, l'isola della Donzella e l'isola di Polesine Camerini.
Percorrendo la strada che costeggia la sacca di Scardovari ci si trova a 2 metri sotto il livello del mare e si è quindi circondati da alti argini che a volte formano una sorta di anfiteatro naturale che divide la terraferma dall'acqua per evitare le inondazioni del Po.
Qui il territorio è unico nel suo genere ed è caratterizzato da lagune, scanni, insenature con spiagge sabbiose deserte, rami del fiume abbandonato, golene e sacche fra cui l'affascinante e panoramica Sacca dove si allevano le cozze e le ostriche rosa di Scardovari. Un posto mitico in cui si trova ancora la cucina veneta di mare con una nota di veracità ormai sconosciuta nel territorio del litorale veneziano.
A Porto Tolle ho mangiato un bollito di mare fatto di gamberi rosa, scampetti, uova di seppia, canocie e mazzancolle… e poi sarde in saor, garusoli (che sono le lumache di mare), insalata di folpeti e sedano, ostriche e cozze fresche e gratinate, baccalà.
Ma il piatto che ricordo con più gusto sono state le Moeche fritte con Polenta. Le moeche non sono altro che granchi privati del carapace; infatti il granchio abbandona ciclicamente il carapace per dotarsi di uno più voluminoso e prende il nome di moeca nel periodo in cui non ha ancora sviluppato la nuova corazza.
Nello stesso giorno ha avuto la fortuna di assaggiare anche le masenete. Ci sono periodi dell'anno in cui le moeche femmine sono piene di uova e assumono il nome di masenete essendo morbide e coralline, buonissime lessate e condite con aglio e prezzemolo.
Da leccarsi i baffi. Letteralmente.